27 settembre 2020
In una formula mista tra home working e lavoro in presenza, il mondo del lavoro si assesta in questa particolare fase post-pandemica, con prospettive ancora non del tutto intelligibili. Le regole del distanziamento sociale non consentono, nella maggior parte degli uffici, l’occupazione al 100% degli spazi. Così, aziende piccole e grandi hanno riprogettato i luoghi a partire dall’analisi dell’ambiente, da nuove regole di condotta, indicatori visuali che permettono percorsi sicuri e postazioni di lavoro pulite e protette.
A diversi mesi dal lockdown, anziché stravolgere gli ambienti condivisi con soluzioni architettoniche e spazi parcellizzati, le scelte più percorse optano per soluzioni temporanee e flessibili. Ad esempio, con il catalogo Back to our Spaces, Arper mostra come riconfigurare le sue collezioni per rispondere alle necessità attuali e poi tornare al layout originale, riorganizzando sale d’attesa, lobby, zone break, meeting room, postazioni di lavoro e perfino l’home working.
Dallo schema del 6 Feet Office, suggerito dalla società immobiliare internazionale Cushman & Wakefield, al white paper Back to the Office dello studio internazionale di progettazione Gensler, molte realtà hanno studiato linee guida e criteri uniformabili per la riprogettazione degli uffici. Con in mente un obiettivo più alto: reimmaginare il futuro.
Gensler, infatti, sottolinea quanto la riconfigurazione dell’ufficio non sia solo una necessità legata alla pandemia in corso, quanto una scelta strategica a medio e lungo termine, volta a incentivare le risorse umane e riorganizzare le dinamiche lavorative, anche grazie a investimenti in infrastrutture digitali e tecnologie che rendano l’edificio intelligente. Questo non significa soltanto il ricorso ad applicazioni “gestionali” che consentano il check-in degli ospiti, la prenotazione delle sale conferenze, le comunicazioni aziendali, il wayfinding o il servizio di cibo e bevande - operazioni gestibili dagli smartphone dei lavoratori, con maggiori garanzie igieniche - ma anche la progressiva sostituzione dell'interazione tattile con dispositivi contactless o l’uso della voce e rilevatori di presenza nell'ambiente. Non sono poche le società nel mondo che si stanno specializzando nella gestione integrata degli spazi attraverso device mobili e sistemi contactless, incrementando anche la sicurezza dell’ambiente di lavoro. Si rimanda alle soluzioni di società come l’americana Kisi o la svizzera Navori, oppure Archie e TapKey, specializzate nei settori dello sharing, in particolare nella gestione tramite app delle postazioni in spazi co-working. Ma guardando al futuro prossimo, ci immaginiamo scenari di edifici “smart” che ci riconoscono e che adattano la postazione di lavoro sull’ergonomia, l’illuminazione e la temperatura più adeguate.
Se il forzato passaggio al lavoro a distanza ci ha spinto ad esperire ambienti di lavoro virtuali, la fase post-pandemica ci induce a tornare al luogo fisico ripensandolo a partire dalle dinamiche di interazione, non solo con le persone, ma con lo spazio condiviso.
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