Sostenibilità

Un anno di architettura in un giorno

25 June 2020
Un anno di architettura in un giorno

Beatrice Galilee – curatrice, scrittrice e, in passato, Associate Curator per le sezioni Architettura e Design al Metropolitan Museum of Art dove ha coordinato il simposio annuale “A Year of Architecture in a Day” – ci racconta della sua ultima esperienza, The World Around, un forum internazionale dedicato all’architettura che si è svolto il 25 gennaio, con una conferenza al Times Center di New York.


In quanto curatrice di “The World Around”, puoi illustrarci in poche parole il progetto?


Si tratta di un nuovo evento realizzato a New York, che ha lo scopo di presentare le idee più interessanti e significative nel design, nell’architettura e nei settori correlati – dal design digitale alle nuove tecnologie, dall’ingegneria all’architettura di paesaggio. Il format prevede una conferenza annuale, ma ci auguriamo di poterlo ampliare con altri eventi ed edizioni in diversi paesi. Quest’anno abbiamo approcciato l’architettura da una prospettiva ampia, coinvolgendo figure come Elizabeth Diller, partner di Diller Scofidio + Renfro, e Shohei Shigematsu di OMA New York.

Ma nel programma comparivano anche l’architetto giapponese Junya Ishigami; dal MoMA, la Senior Curator of Architecture and Design Paola Antonelli e la Architectural Association Director Eva Franch i Gilabert; la Chief Curator del V&A Catherine Ince; il designer e formatore canadese Bruce Mau; David OReilly, Caroline Priado Perez e Emmauel Pratt dalla fondazione no-profit di Chicago Sweet Water Foundation; Alberto Veiga, che dirige lo studio spagnolo Barozzi Veiga; e l’artista newyorkese Michael Wang.

Xu Tiantian, DNA – Rural Regeneration of Sonyang Province

 

 

Cosa ha spinto una società di consulenza finanziaria a contribuire al simposio?
L’obiettivo di The World Around è forse quello di stabilire un contatto con gli investitori più illuminati che sono alla ricerca di nuovi progetti su cui puntare?


The World Around è stato creato da Diego Marroquin, un investitore che ha un passato come studente di architettura. Marroquin, in tutto ciò che fa e che lo circonda, crede nell’importanza del design – dall’architettura e dagli arredi del suo ufficio ai suoi investimenti. Avere un sostegno di questo genere è fonte di ispirazione per noi.
La nostra speranza è che altri investitori seguano il suo esempio e scoprano l’importanza di coinvolgere nel loro business designer, architetti e pensatori capaci di declinare la creatività in modo trasversale. Forse non è così scontato che una società finanziaria prenda in considerazione il design, ma la crisi climatica avrà ricadute importanti sulle aziende. Molte delle leggi che verranno approvate avranno un impatto diretto sul settore dell’edilizia, che rappresenta una delle principali risorse economiche della città.

 


Cosa vi ha spinto a strutturare l’evento con un format più “soft” – seminari, workshop, discussioni in piccoli gruppi – anziché puntare su un’esposizione?


The World Around mi ha ricordato Objectar el Món, l’evento che si è tenuto durante la Design Week di Barcellona. Giacché l’architettura è connessa in modo particolare con la vita e gli aspetti più significativi del nostro tempo, sentivate forse il bisogno di una maggior partecipazione, interazione ed esperienza diretta. Nel mio essere curatrice, affronto da sempre la difficoltà di mostrare qualcosa di così fermo e, all’apparenza, indecifrabile come un edificio.
Quando ero al Met, volevo trovare un modo che mi permettesse di condividere l’entusiasmo che producevano in me le nuove persone e le nuove idee con le quali entravo in contatto grazie alla mia professione. Ho incontrato professionisti che operavano all’interno di spazi eccezionali – dalla Siria alla Palestina, ambienti di realtà virtuale o le politiche e l’urbanesimo delle app di dating - e tutto questo aveva un’influenza considerevole sulle istituzioni oltre che sulla professione in sé.


Cercavo una maniera di dimostrare che l’architettura presenta anche questi aspetti, che sono rilevanti. Ho scoperto che ascoltare un architetto che si racconta in prima persona può essere estremamente efficace. La narrazione è uno dei bisogni primari della nostra specie e tutti ci scopriamo coinvolti da una storia ben raccontata. Questo può avvenire attraverso un brief o la presentazione di materiali, può dare una percezione chiara del processo che conduce dall’ispirazione iniziale al risultato finale. Dedicare un quarto d’ora all’ascolto di una storia può essere ben più utile che osservare un oggetto all’interno di una mostra. Surrogare un contatto diretto con il design è difficile, ma l’immaginazione, la creatività e la meraviglia che lo circonda possono senza dubbio essere trasmesse.

Michael Wang – Extinct in New York

 

 

Guardando al recente passato, qual è stato l’aspetto determinante del 2019? Hai notato evoluzioni o un cambio di rotta in architettura?

Ormai non è più possibile separare design e architettura dalla preoccupazione per la crisi climatica e dunque dall’attivismo. Lo scorso anno ha segnato un punto di svolta per ciò che riguarda una maggior sensibilità per le problematiche ambientali, quali la consapevolezza nell’uso dei materiali e l’impatto determinato da architettura e design. Gli scioperi a sostegno del clima sono stati un momento importante, perché hanno posto il problema sotto i riflettori generando un impatto concreto.
La presenza di Greta Thunberg in televisione è stata qualcosa di significativo e potente. Mi sono emozionata nel vedere gli studenti portare le loro istanze in Parlamento, marciare per le strade con i loro cartelli dipinti a mano e le scritte: “Non esiste un pianeta B”, chiedere ai loro genitori di cambiare stile di vita e di prendere in considerazione la salute del pianeta.


Sono convinta che le aziende stiano non solo affrontando con serietà tematiche come il riciclaggio o il riutilizzo attraverso il design, ma che abbiano compreso la necessità di modificare in maniera radicale i comportamenti. Non dovremmo più considerare l’uguaglianza di genere o razziale sul luogo di lavoro, o le scelte etiche, come azioni straordinarie delle quali compiacerci, ma come una linea di fondo constante, che contraddistingue il nostro modo di pensare e lavorare.“Riconnettersi” è diventato un tema importante per l’evento. Negli ultimi duecento anni, se non di più, la cultura occidentale è diventata sempre più disconnessa dal pianeta, e i governi si sono spesso tirati indietro di fronte alle responsabilità concernenti l’ambiente.
I progettisti sono degli apripista nel sottolineare l’importanza di conoscere le risorse materiali in nostro possesso, e gli ecosistemi sociali che entrano in gioco nel costruire una casa. Ho visto designer e architetti parlare di empatia e di compassione, mentre analizzavano il successo dei loro progetti.

Paola Antonelli – Broken Nature

 

 

Design e architettura sono storicamente legati al progresso e a uno spirito positivista (una sorta di pionieri del design dell’inizio del XXI secolo). Cosa significa oggi per la comunità creativa la parola “futuro”?

Ho sempre avuto un amore per la fantascienza, e ultimamente sto leggendo parecchia narrativa incentrata sul problema climatico (la chiamano con questa meravigliosa abbreviazione: Cli-Fi). Si tratta di un genere saldamente radicato nel regno della distopia, e questo rispecchia la mia personale visione del futuro. La mia vita londinese era scandita da quattro stagioni ben distinte e qualsiasi variazione insolita nel tempo o nella temperatura diventava una notizia da prima pagina.
Oggi non è più così. E a questo riguardo, l’Europa non ha ancora abbattuto i confini nazionali, così come non sono stati abbattuti i disastri ambientali, le guerre e la povertà.
Fatico a ragionare in chiave utopistica, ma ci sono persone che riescono a farlo e dunque cerco di tenermele vicine! Design e architettura si collocano, sia concettualmente che praticamente, in una posizione interessante, di collegamento fra passato e futuro. Scaturiscono da un bisogno o da un desiderio, dunque sono portatori di un messaggio speculativo pieno di speranza e richiedono una fantastica quantità di immaginazione, passione ed entusiasmo affinché i progetti vengano realizzati.

Josh Begley – Best of Luck with the Wall

 

 

A che cosa può portare questo spirito ottimista nell’architettura e il design?


Ciò di cui abbiamo bisogno per sopravvivere, come società, sono la creatività e le idee. Abbiamo bisogno di pianificazione, di infrastrutture e di azioni governative. Tutto questo discende da un pensiero progettuale. Alcuni relatori come l’architetto di paesaggio Julia Watson ci hanno offerto una prospettiva diversa come via di uscita dalla nostra forma mentis occidentale. Julia ha presentato dei casi studio sul modo in cui le comunità indigene riescono a fronteggiare i disastri naturali usando tecniche e strategie trasmesse di generazione in generazione. Anche Junya Ishigami ci ha messo di fronte a punti di vista alternativi e interessanti.

 


Quali saranno i tuoi prossimi passi? Come evolverà The World Around?


La mia speranza è che The World Around trovi la via per continuare a promuovere il design e l’architettura. Cercheremo di coinvolgere le persone più attive e propositive, così come le istituzioni dotate delle risorse e della rete di legami che servono per sostenere il cambiamento.