Adell: una Conversazione con Lievore + Altherr Désile Park
Cosa vi ha spinti a creare una seduta per gli spazi lounge?
Gli spazi lounge si sono trasformati molto negli ultimi cinquanta anni, passando dai saloni dall’aspetto formale di un tempo agli odierni spazi dalla dimensione quasi privata, progettati per il relax e, sempre di più, per poter lavorare. Oggi troviamo salotti anche fuori casa, negli uffici e nelle zone di passaggio. Ci sembrava che l’offerta di Arper dovesse essere arricchita con una proposta che rispondesse alle esigenze di questi nuovi ambienti.
In quali contesti vi immaginate la presenza di Adell?
Abbiamo pensato ad Adell con un approccio a 360 gradi. Volevamo creare un sistema totalmente personalizzabile in quanto a uso, esigenze estetiche e prezzo. La forma caratteristica e confortevole di Adell suggerisce un facile inserimento in tutti i contesti, e particolarmente nelle zone relax. La possibilità di scegliere fra diverse basi e rivestimenti favorisce il suo armonizzarsi con qualunque ambiente. Ad esempio, possiamo immaginarci la versione completamente rivestita negli hotel, nei ristoranti, nelle lounge degli aeroporti o negli uffici; la versione con rivestimento frontale si sposa alla perfezione con gli ambienti di co-working e con le abitazioni private, dove si cerca un prodotto di design dal mood rilassato.
La scocca in plastica è la scelta ottimale per i contesti educativi e ospedalieri, dove la priorità va data ad arredi che siano resistenti e facili da pulire. In questi spazi, vediamo il linguaggio visivo di Adell combinarsi perfettamente con quello di Cila e Stacy. Infine, la versione con cuscino per la seduta o per l’intera parte frontale possono essere usate anche all’esterno – in giardino, in terrazza. La combinazione di più finiture e diverse basi – legno o metallo – permettono ad Adell di rispondere alle più svariate esigenze e di giocare con colori e materiali per ottenere espressioni sempre nuove.
In questa collezione la scelta dei materiali appare molto ponderata. Perché proprio questi?
La plastica ci è sembrata la scelta più ovvia per diverse ragioni: sia per la resa espressiva sia perché si tratta di un materiale longevo e robusto che si adatta bene ai contesti outdoor; è una base perfetta per poter essere rivestita ed è molto più economica rispetto al legno. Inoltre, la leggera tendenza a flettersi assecondando la curvatura, la rende più confortevole del legno – più rigido al confronto. Ma anche le grandi competenze di Arper nella lavorazione della plastica sono state un argomento a favore.
Tuttavia, la plastica può rappresentare una sfida quando lavori in un’ottica di sostenibilità. All’inizio, nel nostro studio, abbiamo preso in considerazione l’uso di una bioplastica, appunto per ragioni ambientali, ma a mano a mano che abbiamo raccolto informazioni su questo materiale la nostra convinzione si è affievolita. Ad oggi, la bioplastica presenta tutta una serie di inconvenienti – dall’impatto sull’agricoltura (deforestazione, consumo d’acqua, uso di fertilizzanti e pesticidi), alla necessità di infrastrutture apposite per il riciclaggio. Dalle parole di Frederik Wurm, chimico al Max-Planck Institute for Polymer Research (1): “In realtà, la bioplastica può essere dannosa tanto quanto la plastica tradizionale”. (2) Anche la UE promuove il riciclaggio come business profittevole, dunque riciclare la plastica già in circolazione potrebbe essere la strategia migliore. Abbiamo capito che i problemi della plastica nascono dall’idea che abbiamo di essa: quella di un materiale economico, usa e getta – una concezione che risale agli anni Settanta. Ora si cominciano a vedere le infrastrutture preposte al riciclaggio, ma che dire di tutta la materia prima? Abbiamo deciso che il modo più sostenibile di procedere era di utilizzare plastica il più possibile riciclata.
Bisogna cominciare a considerare la plastica come un materiale prezioso, facendone uso con parsimonia e solo quando è realmente necessaria – questo ci siamo detti. Per garantire la sua durevolezza e ridurre rifiuti e sprechi, dovevamo da un lato puntare sulla longevità del design, ma anche il materiale stesso doveva apparire come qualcosa in grado di suscitare il desiderio di essere conservato e custodito. L’estetica patinata, variopinta e traslucida – tipica dell’età d’oro della plastica – invita inconsciamente a un consumo senza inibizioni.
Volevamo riconvertire queste connotazioni in qualcosa di prezioso, che richiamasse le qualità tattili del mondo naturale. Nella nostra ricerca siamo stati ispirati dall’idea che la plastica deriva dal petrolio, una risorsa dalla provenienza tutta naturale: si tratta di zooplancton e alghe sepolte sotto la roccia sedimentaria e trasformate per azione della pressione, del calore e del tempo. Per assecondare questa nuova direzione, abbiamo creato una finitura organica che suggerisce i motivi concentrici degli anelli in un tronco d’albero. Questa finitura evoca un materiale naturale senza rappresentarlo fedelmente, e accetta e celebra l’irregolarità, l’imperfezione. Le incisioni superficiali sulla superficie si dissolvono nella texture agendo come una patina – conferendo al materiale una sorta di atemporalità.
Come avete sviluppato la gamma colori?
La finitura ha avuto grande influenza sull’estetica della collezione. Non potevano immaginarci questa forma organica e questa tattilità naturale assieme a colori artificiali come il bianco ottico o colori brillanti e tecnici. Abbiamo messo a punto una gamma di tonalità morbide, ispirate a materiali naturali come il legno e le foglie. Anche colori basici come il bianco e il nero non sono colori puramente grafici ma una loro versione più delicata: nero grafite e avorio.
Abbiamo anche tenuto conto della variazione cromatica a seconda dell’illuminazione – se interna o esterna. Il verde e il marrone, più sfumati, hanno costituito la sfida maggiore, perché sotto la luce artificiale potevano apparire quasi grigi. Altro elemento che abbiamo preso in considerazione è stata la dimensione: la scocca è una superficie ampia e questa ampiezza dona ancora più intensità al colore.
E i tessuti, con che criteri sono stati scelti?
Si sono riproposte le stesse sfide affrontate per i colori. Volevamo tradurre queste finiture naturali anche nei tessuti e così abbiamo optato per l’abbinamento con collezioni dedicate dalle texture più ricche e variegate che si abbinassero ai colori della scocca.
Estetica a parte, la sostenibilità ha condizionato altri aspetti del design?
Al centro di questo progetto ci sono riduzione, riutilizzo e riciclaggio. La scocca viene prodotta utilizzando plastica ottenuta da scarti post-industriali e questo significa che nasce da un materiale riciclato che può essere nuovamente riciclato. Per consentire il riciclaggio abbiamo fatto uso di materiali e di tecniche costruttive che garantiscono la disassemblabilità. Il riutilizzo è reso possibile da un sistema flessibile composto da scocca, base e accessori. Si tratta di un prodotto così ben costruito, e dal design così longevo, che può essere tramandato ad altri, nel tempo, ed essere collocato in un contesto del tutto diverso. In questo modo si aumenta la funzionalità e la durabilità di ogni singolo pezzo, prolungando il suo ciclo di vita e riducendo gli sprechi.